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04 ottobre Cairns (AUSTRALIA) All’alba siamo nel Queensland australiano: la tranquillissima Cairns. Tante domande sulla nostra breve visita ma soprattutto consigli (anzi un vero e proprio terrorismo psicologico) sulla nostra meta successiva: la Papua Nuova Guinea. Ad un certo punto mi son pure chiesto se fossimo stati troppo ingenui o sconsiderati a scegliere questa destinazione… |
Siamo ospiti presso il grande “Gilligans”, una sorta di “Jersey Shore Hotel” australiano, un edificio popolato da ragazzi pompati e tatuati e ragazze in tiro e in tacchi sin dalle 8 del mattino… Facciamo subito un salto in centro nonostante la stanchezza post 9 ore di volo… due isolati e finiamo in una specie di Miami australiana! Spendiamo quasi tutto il nostro budget giornaliero al supermarket, ne approfittiamo per fare un gran rifornimento di frutta, (dopo quasi un mese in Giappone ne sentivamo proprio il bisogno…) |
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Gironzoliamo lungo l’Esplanade dove hanno costruito una specie di piscina pubblica proprio dove finisce la grande palude melmosa che caratterizza la città. Agli angoli delle strade, ad oziare all’ombra degli alti alberi, gruppetti vari di scheletrici aborigeni, sporchi, abbandonati dalla società e da loro stessi. Sembrano scarti dell’umanità, invisibili agli occhi dei palestrati ragazzini australiani o delle ragazze in minigonna sin dalla mattina. Uomini e donne che campano, esistono ma nessuno se ne accorge… manco più loro.. |
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05 ottobre Port Moresby (PAPUA NUOVA GUINEA) Alle tre di notte, mentre la discoteca del nostro hotel era in piena attività, il Dj faceva tremare i muri dell’intero edificio, e i vari personaggi “Jersey Shore” cominciavano a rientrare in camera dopo la serata trascorsa a ballare, noi, zaini in spalla, in un taxi guidato da un giovane Sikh del Punjab, ci avviamo verso il piccolo aeroporto internazionale di Cairns! Che l’avventura abbia inizio!
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In un angolo cinque donnone della tribù “Molke” si preparano per la danza “Weldo”. Seguiamo questi riti con estrema attenzione incantandoci ogni momento pensando alla storia di questa antica tribù, una comunità che espone su un ramo di un albero una lunga serie di mandibole di maiali: sono i suini che la famiglia ha ucciso nel corso del tempo e maggiore è il numero, più alta la considerazione che essi ricevono. Mi colpisce un teschio più piccolo. È l’unico e diverso dagli altri. Mi spiegano tranquillamente che è quello di un cane. Un cane? Sì, loro mangiano cani, gatti, casuari, serpenti… più li conosco e più mi rendo conto di quanto siano diversi da noi e, in un certo senso, ancora selvaggi… |
Gli indigeni del villaggio erano particolarmente orgogliosi perché da qualche tempo avevano anche l’elettricità e quindi si sentivano autonomi al 100% perché ora potevano caricare pure i cellulari! Nel marasma generale mi colpisce una ragazza: Sharon, che timidamente ci scatta, di nascosto, qualche foto con una vecchia macchina fotografica digitale! Mi incuriosisco e le chiedo se possedesse un PC… in fondo siamo nella jungla… e lei: - “No”… - “e dove le guardi le foto allora?” – e lei, meravigliosamente: “…sul display della macchina!” |
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